mercoledì 10 dicembre 2025

Un nerd è per sempre (?)


A volte mi chiedo se abbia senso essere ancora nerd. Attenzione, quando dico nerd non lo intendo nel senso “cool” che ormai va di moda oggi, dove tutti si definiscono nerd perché guardano una serie Marvel o hanno un Funko Pop sulla scrivania. Parlo del nerd vero, quello cresciuto negli anni ’80 e ’90, quando essere appassionato di computer, videogiochi o fumetti ti rendeva strano agli occhi degli altri ragazzi, ti rendeva diverso, ti rendeva "sfigato". Perché a te piaceva perderti in mondi immaginari e non ti fregava un cazzo di giocare a pallone, di vestire bene e, diciamolo, non eri proprio un idolo delle ragazze. Ma non ti importava più di tanto perché avevi tutti quei mondi fantastici in cui immergerti!

Sono nato nel 1972, e questo significa che ho vissuto le prime sale giochi fumose, dove andavi quando facevi "sega" a scuola, dove gli schermi dei cabinati illuminavano facce concentrate e mani sudate, ho visto l’arrivo dello Spectrum e del Commodore 64 e partecipato alla loro "guerra" (a proposito, C64 tutta la vita, non scherziamo). Compravo in edicola Zzap!, e in seguito TGM, su cui leggevo le recensioni, poi tornavo in edicola e compravo riviste che per diecimila lire ti davano tanti giochi per Commodore, tranquillamente piratati; ho passato pomeriggi a copiare listati BASIC da riviste che oggi sembrerebbero reperti archeologici, ho fantasticato immaginando mondi impossibili leggendo i libri di fantascienza della gloriosa Editrice Nord, ho scoperto Dungeons & Dragons con la mitica "scatola rossa" dell'Editrice Giochi e ci ho giocato con gli amici, quando ancora il gioco di ruolo era una cosa esoterica e strana che non conosceva nessuno; e quando usciva qualche nuovo modulo di avventura o espansione, o magari volevo comprare qualche "miniatura", prendevo l'autobus verso il centro, scendevo e Strategia & Tattica era lì, a via del Colosseo a Roma, un negozio troppo bello per essere vero. Ed ero lì, quando arrivarono in Italia i primi Librogame.

Oggi, a cinquant’anni suonati, trasferitomi nella nuova casa, preparo il mio studio, apro le scatole del trasloco e ci trovo ancora quei ricordi: collezioni di fumetti Bonelli e Marvel, modellini dei mostri di Harryhausen e dei mezzi di trasporto futuristici di U.F.O., DVD di film horror e fantascienza, CD-Rom di vecchi giochi e utility (funzioneranno ancora?) e, vi dico la verità, ci sono anche delle VHS; e poi, manuali di D&D con le copertine consumate, tascabili dall'aspetto vissuto dei classici di fantascienza, horror e fantasy; nonché una bella mappa incorniciata del Signore degli Anelli, tolta dall'edizione Rusconi del febbraio 1989 (ventesima edizione! Lire 35.000 IVA inclusa, apperò!). E mi viene da farmi una domanda: ha ancora senso tenersi tutta 'sta roba? Che cosa sto conservando, esattamente? Ha senso oggi comprare riviste come retroGamer? Comprarsi il "TheC64"? Continuare a collezionare manuali di giochi di ruolo come il nuovissimo e meraviglioso Lex Arcana, a cui probabilmente non giocherò mai?

Una parte di me pensa che dovrei lasciar perdere. Fare come fanno tanti: sgomberare, semplificare, crescere, “vivere da adulto”. Quell’immagine ideale di maturità che implica scaffali ordinati, gusti misurati, oggetti solo “utili”. Ma poi succede qualcosa. Leggo un articolo su qualche vecchio videogioco, ascolto un podcast che parla di un vecchio manuale di D&D, leggo un saggio sui film della mia adolescenza, mi cade l'occhio su qualche vecchio fumetto di Dylan Dog o Nathan Never... Allora sento riaccendersi una scintilla. Rivedo me stesso ragazzino, alle prese con universi interi da scoprire, e mi rendo conto che quei giochi, quei fumetti, quei gadget non sono semplici ricordi: sono una parte di ciò che sono oggi. Non mi impediscono di essere un adulto. Sono un adulto, ma uno che ha fatto sopravvivere il bambino dentro di lui. E, francamente, vedo troppi adulti che al contrario lo hanno soppresso, emarginato, ucciso. E i risultati si vedono.

Ma torniamo alla questione iniziale. Ha senso essere ancora nerd? Forse non si tratta di scegliere tra essere nerd o essere adulti. Forse si tratta di capire che, se certe cose continuano a darci emozioni, se certi oggetti continuano a parlarci, è perché raccontano un pezzo di noi che non ha scadenza. Alla fine, non si sceglie se essere nerd. Lo sei o non lo sei, punto. Quindi un nerd è per sempre? Non lo so. Ma so che non voglio diventare il tipo di adulto che dimentica di essere stato un ragazzino che sognava mondi fantastici.

E, alla fine, se questo è essere nerd… allora sì, lo sono ancora. E va bene così.

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