lunedì 13 dicembre 2021

In nome del padre


Mio padre ha deciso di andarsene. Ha deciso di andarsene da signore, quale è sempre stato. Stava raggiungendo uno stato poco dignitoso nell’ultimo periodo. Poco dignitoso per il suo modo di essere, e aveva ragione, perché un uomo come lui non si meritava quello che gli stava succedendo. Stava raggiungendo quella situazione in cui gli anziani non sono più autosufficienti e hanno bisogno di aiuto per qualsiasi cosa. Così, da gran signore quale è sempre stato, ha deciso che era ora di lasciare questo mondo. Lo ha fatto nel suo stile, cercando di non dare fastidio a nessuno, lo ha fatto l’otto dicembre, un giorno festivo, dando modo ai suoi figli di dargli l’ultimo saluto, liberi da impegni lavorativi. Senza darci la preoccupazione di doverci dividere nei giorni di festa prossimi a venire, per dargli assistenza magari sacrificando i nostri impegni privati.

Perché mio padre era così, pensava sempre prima a noi e alle nostre famiglie, prima di pensare ai suoi di bisogni.

Non considerando che, ovviamente, era anche lui la nostra famiglia. Lui era sempre discreto, e se gli chiedevi come stava diceva sempre “tutto bene”. Tutto bene, anche se non riusciva quasi più a camminare, anche se non riusciva più a cucinarsi qualcosa da solo.

Aveva sempre paura di “dare fastidio”.

Ma quale fastidio papà, quale fastidio. Era un piacere venire da te, dimenticarsi per un po’ gli impegni personali e bersi insieme un bicchiere di sambuca, strega o limoncello (ah per fare quel limoncello che hai combinato l’ultima volta!) parlando di politica, di società, dei nipoti.

Momenti che non torneranno più.

Non torneranno più ma che dureranno per sempre, finché vivranno nella nostra memoria, finché tu vivrai nella nostra memoria.

Non credo nell’aldilà, non credo nel paradiso o l’inferno, credo non ci sia nulla dopo la morte.

Voi ci credete? Be' alla fine sono opinioni. Se ci credessi, se credessi nell’aldilà allora penserei che mio padre andrà a farsi una bella giornata a pesca a Scauri insieme a zio Mauro, sulla scogliera davanti al lido “Tirreno”. Poi a fine giornata tornerà a casa e troverà mia madre pronta a cucinare il pescato e a raccontargli come è andata la giornata sulla spiaggia con le zie e i bambini. La sera poi ci ritroveremo tutti insieme con i parenti al lido, e mentre io e mio cugino faremo qualche partita a biliardino o ai videogiochi, lui si metterà a tavolo a giocare con gli zii a briscola e tresette, con zio Alide che si incazzerà come sempre per qualche mano sfortunata.

Ma siccome io non sono credente, allora penso lo stesso che diventerà immortale e che vivrà per sempre, ma in un modo un po’ diverso. Lo farà nei ricordi di chi lo ha conosciuto, di tutti quelli che lo hanno conosciuto, chi più chi meno, ma che sempre, sempre, hanno percepito subito un signore prestante, educato, galante, generoso, modesto, dai forti valori morali, un “signore” in tutti i sensi, un signore di una volta, di una razza che oggi non nasce più.

Con lui se ne va una generazione, un’epoca, un modo di essere e di vivere troppo civile per questi tempi barbari e caotici.

E vivrà per sempre nei suoi dipinti, una rivelazione dell’ultimo periodo, che mi ha fatto scoprire una sua insospettata vena creativa. I suoi dipinti di cui magari non fregherà nulla alla critica, ma che per me hanno un valore inestimabile, con quel suo “GZ” apposto come firma. Disegni che esisteranno dopo la sua dipartita e che lo rendono immortale, perché ne perpetuano il ricordo finché esistono.

Forse è un’immortalità meno idilliaca di quella religiosa, ma io la trovo più vera. Solo l’arte ci rende immortali davvero, e quanto è stato bello scoprire che mio padre aveva questa passione.

Addio papà, e grazie per avermi reso l’uomo che sono oggi. Non hai avuto una vita facile, goditi il meritato riposo.