martedì 19 giugno 2018

La storia, la promozione, i premi, le recensioni, l'universo e tutto quanto


A chi si autopubblica, come me, può capitare spesso di imbattersi in articoli e pubblicità che offrono consigli e promettono risultati, per chi vuole fare da sé. Quali strumenti usare, come fare per le copertine, la formattazione, l’editing, l’impaginazione e (soprattutto) come promuoversi, il marketing, ecc ecc. D'accordo, tutto interessante, da apprezzare e anche utile per certi aspetti. Ma ben poche volte viene sottolineato in tutto ciò la cosa fondamentale per riuscire ad avere risultati apprezzabili: la storia! Scrivere una buona storia, ragazzi. 

Perché potete avere la copertina più figa del mondo, i banner che pubblicizzano il vostro libro su mezza internet, un book-trailer più intrigante dell'ultimo blockbuster al cinema… ma se non avete una buona storia, non andrete da nessuna parte. O quantomeno il vostro successo sarà piuttosto effimero. Una storia che spacca, e delle recensioni positive valgono infinite volte di più di un pacchetto elegante e di un marketing aggressivo. Opinione mia, e in quanto tale opinabile, ma io la vedo così. E guardate che vale per tutti i libri, non solo quelli autopubblicati. Potete avere alle spalle anche Mondadori e le fascette che avvolgono il vostro capolavoro con frasi memorabili. Ma se in realtà il libro fa cagare, il pubblico alla fine lo capirà.

Ma mi faccia il piacere...
Proprio mentre scrivevo queste riflessioni, è uscito fuori lo scandalo del Nobel per la Letteratura, che quest’anno non sarà assegnato a causa di scandali sessuali, abusi di potere e schifezze varie dei membri della famosa accademia svedese che gestisce il premio. Ecco, secondo me possiamo aggiungere anche i premi, al discorso che facevo prima. Quando si parla di grandi concorsi, di importanti riconoscimenti, c’è troppo spesso del marcio dentro. Ma poi dai, stiamo parlando dell’istituzione che due anni fa ha dato il premio a Bob Dylan. Quello che scrive canzoni. Non volermene Bob, ma un conto sono le canzoncine, un conto è la Letteratura. A scuola quando si studia Lettere si studiano i grandi scrittori; romanzieri, filosofi, saggisti, poeti. Ci sarà un motivo se si studiano loro e non i cantanti, no? Fate una cosa, ai cantanti date altri premi, per la loro categoria, ma lasciate stare la produzione letteraria, che è cosa ben diversa.
Bob Dylan… Quel tale che per farsi assegnare il premio si è fatto desiderare come una primadonna del cinema degli anni ’40. Che ha registrato il discorso di accettazione del premio “in contumacia” a Los Angeles. Discorso giunto all’accademia sei mesi dopo, poco prima della scadenza prevista dal regolamento. Eh già, se tardava ancora avrebbe perso i circa 900 mila euro di premio. Ma dove cazzo vive questa gente, ma che ha nel cervello? Io sono romano, e a Roma si usa fare questa battuta. Vorrei tanto avvicinare Bob Dylan, e dirgli: Ciao, tu sei Bob Dylan? Ma te posso tocca’?… Ecco, il resto, almeno i romani, se lo immaginano.

Quindi riallacciandomi a quanto dicevo all’inizio, potete avere tutta la promozione che vi pare, potete pure vincere il premio Nobel, lo Strega (su questo ci torno più avanti), quel che volete. Ma secondo la mia modesta opinione, quel che conta alla fine è se avete fatto un buon lavoro, un buon libro, oppure no. Quel che conta alla fine veramente è il pubblico, il passaparola, il gradimento da parte di coloro che davvero decretano il successo di un autore: i lettori.
Penso che valga di più la media di cento recensioni su Amazon che una qualunque fascetta, premio, articolo di giornale. Attenzione, ho detto cento non a caso, perché ci deve essere comunque una quantità statisticamente valida di voti popolari, per avere un’idea del libro (e meglio ancora di Amazon, suggerisco di leggere le recensioni su Goodreads, il social network dei lettori, anche se purtroppo è poco conosciuto da noi). Poi certo, c’è gente che si iscrive apposta su Amazon per recensire negativamente qualcuno (tipicamente scrittori mancati/falliti) oppure banalmente si trova sempre qualcuno oggettivamente stupido.
Su Amazon c’è la recensione a una stella di un mio libro. Una tizia dice di aver abbandonato e non essere arrivata nemmeno a metà; che non ce l’ha fatta proprio. Ecco, io apprezzo la schiettezza di questa lettrice, davvero. E poi ha acquistato il mio libro, mica lo fanno tutti, e di questo la ringrazio. Ho visto che ha scritto diverse altre recensioni, spesso di libri rosa oppure di quelli che si chiamano in genere “paranormal romance” (di solito dando lusinghieri voti a 4 o 5 stelle). Ma, benedetta ragazza, siamo nel secondo millennio: intanto hai la sinossi, e inoltre puoi leggere gratuitamente diverse pagine del libro, da Amazon o da altri e-book store. Dal mio sito ancora meglio, ti puoi leggere gratis uno o due capitoli. E tutto ciò prima di acquistare. Non sei proprio a riuscita a capire prima che forse il libro non faceva per te? Cioè, viste le tue preferenze, mi spieghi come cavolo ti è venuta la malsana idea di acquistare il mio libro? Tu, che adori il paranormal romance?

Oh, vale anche il contrario, eh. Ovvero, non bisogna fidarsi nemmeno delle recensioni troppo entusiastiche. Di alcune si capisce subito che sono false; quelle che parlano di un capolavoro, eccezionale, una cosa mai letta prima, eh sì imperdibile ragazzi! Tipicamente fatte da amici o adulatori acritici dell’autore. Però se c'è un numero sufficientemente alto di recensioni, queste eccezioni si perdono nella massa; e così ci possiamo fare un’idea piuttosto indicativa di cosa aspettarci da un libro.
Io nel mio piccolo, l’ho già scritto, sono contento delle poche recensioni che hanno i miei libri, poche ma sincere. Certo, vorrei ce ne fossero molte di più. E come me, tutti gli autori; tutti vogliono essere recensiti, giudicati se vogliamo. Perché uno scrittore serio sa che è il modo migliore per farsi conoscere, per capire se il pubblico gradisce quello che scrive (il pubblico, non un club di vecchi burocrati che si credono Dio) ed eventualmente per migliorarsi. Ecco perché il miglior regalo che possiate fare a uno scrittore (a parte comprare il suo libro, ovviamente) è recensirlo. Parlarne bene, se vi è piaciuto, consigliarlo. Passare parola. Oppure anche far notare cosa secondo voi non va, questo purché sia una critica costruttiva e motivata. Scrivere “questo libro è una merda”, senza spiegazioni, non piace all’autore e non dà molto credito alla vostra recensione, sappiatelo. Non serve a nessuno. Che poi non è che dovete scrivere una recensione lunga, nessuno vi chiede di fare i critici. Bastano anche poche righe.

State alla larga da questa cosa qui
Ecco ora voglio tornare un attimo sul premio Strega, per dirvi della mia brutta esperienza in merito. Non posso parlare per tutti i libri che hanno vinto questo premio “basato su un liquore color del piscio” (cit.) - che poi a me il liquore piace pure - ma insomma, fatto sta che qualche tempo fa mi hanno regalato La scuola Cattolica. Mio Dio, guardate, io che abbandono i libri è veramente raro. Una volta che li ho iniziati, anche se magari non mi piacciono, mi faccio un obbligo morale di cercare di finirli. Ma questo qui, porca miseria. Non posso dire di non averci provato, mi sono letto 260 pagine prima di lasciarlo, non dieci e nemmeno venti o trenta. Duecentosessanta fottute pagine piene di divagazioni, parantesi, puntualizzazioni, spiegazioni, riflessioni, paure, opinioni, ridivagazioni, parentesi dentro le parentesi, deviazioni multiple, ramificazioni… e la trama principale che si perde e viene rimandata, rimandata, ripresa per pochissimo e poi via di nuovo con divagazioni, parentesi, deviazioni, una montagna di pensieri superflui che si affastellano uno sull’altro, una scrittura pesante se mai ne è esistita una.
No, veramente. Un libro che sembra una prima stesura, non riletto nemmeno una volta neppure dal suo autore. Un libro che avrebbe bisogno di un editing grosso non come una casa, come un intero quartiere! Un libro a cui un editore vero taglierebbe due frasi su tre, se non tre su quattro.
Scusi tanto signor Albinati, niente di personale, ma il suo libro è proprio il perfetto esempio dell’affidabilità dei premi troppo blasonati. Se i criteri per il premio Strega sono questi, alla larga per carità. Proprio un esempio perfetto di come un’opera che ha vinto un premio, anche prestigioso, non per questo sia automaticamente meritevole.

Quindi, per concludere, quando scrivete, scrivete una buona storia. E non pensate ai premi. Pensate ai lettori.

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